Mouzon Leroux, ovvero la biodinamica rigorosa e l’espressione più profonda del terroir. Ci troviamo a Verzy, village Grand Cru, spesso liquidato con un’identificazione piuttosto semplicistica del Pinot Noir da retaggio delle Maison ( si è soliti dire che qui conferisce compattezza fruttata e toni metallici alle cuvée). Verzy è piuttosto un’eccezione che conferma la regola. A est del comune, infatti, è lo Chardonnay largamente predominante, mentre a ovest il Pinot Noir. I suoli di argillo-calcare fanno il resto. Al timone del Domaine è oggi Sébastien, nemmeno quarant’anni, idee concrete, in una visione larga della biodinamica, intesa come massima espressione del vigneto, delle diverse parcelle lavorate, circa 50, e dei cépage: nel patrimonio familiare infatti sono presenti e utilizzati ancora vecchie piante di Arbanne, Petit Meslier, Pinot Gris, Pinot Blanc, oltre ai 3 classici. Una viticultura ragionata, attenta alla ricerca della vitalità delle piante inizia negli anni 90 con il padre di Sébastien, Philippe, ancora oggi attivo in cantina: logica e naturale evoluzione porta alla conversione completa alla biodinamica del patrimonio viticolo nel 2008. Una filosofia, un modo di pensare l’agricoltura e il vino: non una moda. Anche l’utilizzo del cavallo in vigna non serve per le fotografie e i dépliants ma per evitare la compattazione dei suoli e mantenerne una vitalità attiva con differenti varietà di insetti, vegetali e minerali. Le vinificazioni mantengono gli stessi assunti: fermentazione alcolica solo con lieviti indigeni, affinamento sia in legno che in acciaio per rendere le cuvée complesse e vinose. Il lavoro di Sébastien è questo: produrre Champagne di intensità e vigore che rappresentino compiutamente le delicate sfumature delle vigne di Verzy.