Intervista a Giorgio Rivetti della cantina La Spinetta

A metà strada tra il mare e la Pianura Padana, a Bossolasco nel cuore dell'Alta Langa si trova la tenuta Contratto, dal 2011 passata in mano alla famiglia Rivetti e dove nasce la prima bollicina millesimata. Abbiamo incontrato Giorgio Rivetti, che ci ha raccontato le sue origini (i Rivetti iniziano come produttori di Barolo e produttori di Barbaresco) ma soprattutto la storia e la filosofia della cantina La Spinetta: considerata oggi una delle più importanti del Piemonte, nasce nel 1977 quando suo padre Giuseppe detto "Pin" decide di trasferirsi sulla cima delle colline di Castagnole Lanze, chiamata per l'appunto la "Spinetta".

Giorgio ci spiega la sua volontà di tenere separate le due aziende: la Spinetta è una realtà a conduzione familiare e fa i suoi vini da vitigni autoctoni, la Contratto invece, nata nel 1867 e con ben 155 anni di storia alle sue spalle, fa il metodo classico. Ciò che le accomuna però è la medesima filosofia della vigna, che i fratelli Rivetti hanno portato anche in Toscana dove nel 2001 hanno acquistato, in aggiunta ai 100 piemontesi, altri 65 ettari dando vita a "Casanova della Spinetta".

Secondo Giorgio l'Alta Langa è il più grande metodo classico italiano perché ha il vantaggio dell'altitudine. A 800 metri la temperatura è ideale: fa meno caldo e il vino è più buono. Rivetti è riuscito ad intuire l'enorme potenziale di questa zona, che presenta le caratteristiche perfette per la coltivazione dei vitigni Chardonnay e Pinot Nero sia in termini di clima che di terreni, ovviando così al problema del global warming e contrastando di fatto l'impatto di questo fenomeno.

Giorgio è un membro dei cosiddetti "Barolo Boys", la generazione di contadini così soprannominati dalla stampa americana che verso la fine degli anni '80 hanno rivoluzionato il modo in cui il Barolo veniva interpretato, rendendolo famoso in tutto il mondo. Una delle avanguardie adottate e per le quali vennero criticati fu quella del diradamento dei vitigni (tecnica che Giorgio usa tuttora per La Spinetta): capirono che con meno uva si otteneva un vino migliore. Giorgio ci racconta che ancora oggi si riuniscono 3/4 volte a settimana per fare degustazioni alla cieca e scambiarsi idee, conoscenze ed esperienze.

Alla domanda "Da quanto tempo la Langa è tale in questa nuova concezione?" Rivetti risponde spiegando che il vero e proprio cambiamento è arrivato a partire dal 1996 circa, quando con un approccio diverso si è capito che il Barolo, il Barbaresco, il Nebbiolo ed il Roero potevano dare grandi soddisfazioni. Lo scopo dei produttori è stato quello di girare il mondo con pochi soldi e con la valigia piena di queste bottiglie per farle assaggiare e pian piano costruire un vero e proprio brand, ottenendo un riconoscimento da parte dei giornalisti e convincendo il mercato estero della loro qualità e potenzialità.

Secondo Rivetti oggigiorno la grande rivoluzione è tornare alle origini, adottando tecniche di sostenibilità: l'innovazione sta infatti nel rispettare la vigna e nel capirla, nel cercare un equilibrio e nel provare rispetto per il territorio e per ciò che la terra ci dona. Riportando le sue stesse parole: "L'unico segreto dietro ad un grande vino è un'uva eccezionale".

Quando gli chiediamo di raccontarci un aneddoto divertente, Giorgio, da sempre estimatore dei produttori un po' fuori dal comune, menziona Didier Dagueneau descrivendolo come un "uomo degli estremi con hobby particolari" e ci parla del loro incontro avvenuto circa 15 anni fa. Dopo aver fissato un appuntamento con lui con ben due mesi di anticipo, Dagueneau lo ha rimandato per svariati giorni perché uno dei suoi cani da slitta (in quel momento il suo hobby era proprio il loro allevamento) stava male. Alla fine, armatosi di pazienza, è riuscito a trascorrere parecchio tempo con il famoso produttore francese, il quale gli ha anche regalato tre bottiglie del suo Silex.

A chi vuole avvicinarsi al mondo del vino Rivetti consiglia di recarsi in Langa e di fare una passeggiata tra le vigne per conoscerlo davvero in profondità, di parlare con i produttori della zona, ma aggiunge che è necessario partire con un'idea ben precisa, sapendo perfettamente cosa si vuole fare e quale sia il proprio riferimento.

L'ultima domanda che abbiamo rivolto a Giorgio è stata "Quando Rivetti non beve i suoi vini, che vini beve?". Ci ha risposto che è molto legato ai vini europei e che per suo gusto personale ricerca l'equilibrio e non ama quelli troppo ricchi o con una percentuale troppo alta di alcool. Se fosse su un'isola deserta e potesse portare con sé solo 3 bottiglie, una bolla un bianco e un rosso, non sue, sceglierebbe lo champagne Vintage di Egly Ouriet, come rosso un vino Chateauneuf-du-Pape di Chateau Rayas (oppure in sostituzione un Tempranillo) e come bianco il vino Silex di Didier Dagueneau.

 

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